Crittografia di Tombolini Stefano

 

La Crittografia Italiana nella Prima Guerra Mondiale

Dalla metà del XIX secolo l'uso della crittografia assume un ruolo determinante nella trasmissione di messaggi di carattere logistico e strategico.
Questi, trasmessi anche via etere (a partire dal XX secolo) richiedevano alcuni espedienti atti a precludere il contenuto dei medesimi al nemico.
All'inizio del XX secolo la crittografia in Italia, che pure vantava tradizioni di tutto rispetto, aveva toccato uno dei suoi livelli più bassi; basti pensare che era ancora in uso il cifrario militare tascabile, una variante della tavola di Vigenere di cui da tempo era noto un metodo di decrittazione.
All'inizio della Grande Guerra la stazione radiotelegrafica di Codroipo era in grado di intercettare i messaggi austriaci ma non di decrittarli, poichè l'Esercito Italiano non disponeva di un Ufficio Cifra. Per rimediare il Comando Supremo inviò il cap. Sacco, comandante della stazione di Codroipo, in Francia presso il quartier generale. Qui i Francesi furono in grado di decrittare i messaggi austriaci, ma rifiutarono di istruire gli italiani sui loro metodi di decrittazione.
Irritato da questa situazione, Sacco propose ai suoi superiori di istituire un Ufficio Cifra italiano; fu preso in parola, e, nella primavera del 1916 fu incaricato di organizzare un Ufficio Crittografico.
Sotto la guida del Sacco e dei suoi collaboratori, l'ufficio riuscì a decrittare il cifrario campale austriaco, quello diplomatico, e quello navale. Notevoli risultati furono ottenuti anche contro i cifrari tedeschi in uso nei Balcani.
La possibilità di intercettare e decrittare i messaggi austriaci ebbe un'importanza non trascurabile nel 1918, per fronteggiare l'offensiva austriaca del Piave.















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